martedì 15 novembre 2011

La Danza del Mentre

La Danza del Mentre.mp3

La Danza del Mentre è il pezzo più deludente del disco. Avevo grandi aspettative sotto molti punti di vista. Sono andate deluse. Mi era venuto in mente questo giro di synthbass mentre rientravo a casa una sera nel quartiere ostiense. Lo sketch fu infatti registrato in ascensore con il telefonino. All’epoca l’avevo pensato electro ma anche un po’ etno. Avevo pensato di mettere qualche strumento a corda dal suono strano. Tutto è rientrato quando ci ha messo le mani Dr. Pouhlev.

Il basso è evidentemente mutuato da Golden Gaze di Ian Brown. Gli accordi sono gli stessi, i suoni synth quasi, la ritmica è molto più strana ed originale.

L’introduzione al pezzo è copiata ed incollata dall’inizio del disco Secret Samadhi dei Live.

La voce è poco convincente e piena di errori.

Valentina, mia compagna delle elementari ha poco tempo per registrare la voce.

Il suo cane Lola è fin troppo partecipe. Tutto è improvvisato, fatto in fretta e male.

Fin qui tutto bene. Il problema non è la caduta, ma l’interpretazione, l’arrangiamento, e la struttura.

La voce è poco convincente e piena di errori. Valentina, mia compagna delle elementari ha poco tempo per registrare la voce. Il suo cane Lola, presente in stanza durante le registrazioni è fin troppo partecipe. Tutto è improvvisato, fatto in fretta e male.

Già i bridge del pezzo (“La dea bendata è…”) mi hanno creato enorme difficoltà. Li salva la chitarra Bulgara di Nikolay Pouhlev. Il ritornello è una caporetto totale. Chitarra e basso sono stonati, vocalità ancora meno convincenti.

Il testo invece è importante. Nasce dall’osservazione di quante attività e locali per lotterie, lotti, enalotti, scommesse varie, sono nati nei nostri quartieri, specialmente in quartieri popolari.

C’è gente che si rovina per giocare e lo fa sempre di più. Come se il colpo di culo fosse la sola speranza di affermazione personale ed i soldi l’unica fonte di felicità.

Nel ritornello ho voluto sostanziare il significato di Danza del Mentre.

Si tratta di una danza passiva in cui i piedi rimangono fermi. Una danza innocua, che non porta a nulla, che ci impoverisce ancora di più. La dea bendata è l’unico appiglio, facile da invocare in una ricevitoria o da un tabaccaio, facile da identificare morfologicamente con l’avvenente donna appoggiata sul fianchetto di una Porsche in premio, ma indifferente alla stragrande moltitudine dei ns. tentativi.

Siamo ciechi, e nell’alimentare questo nostro handicap, rimpolpiamo le casse di uno stato che non bada ai nostri bisogni, ma “campa” della nostra stupidità, della nostra accontentabilità, della nostra assuefazione ai simboli del benessere contemporaneo.

Il rimedio sta all’inizio del testo. Prendere in mano le cose della vita, per non dover subire il potere degli altri. Non esiste una religione o una magia cui dobbiamo appellarci, neanche quando queste hanno la sembianze di una strafiga appoggiata ad una Porsche, ma solo noi stessi.

Savasa

Savasa.mp3

L’idea del pezzo nasce da uno sketch creato su Fruity Loops nel 2008, quando ancora non pensavo neanche al disco. Tale pezzo è stato poi cancellato ma mi è rimasto in testa il giro di Rhodes e la convinzione che un pezzo con una ritmica spezzata (un giro troncato e un giro storto è il canone ritmico del pezzo) potesse funzionare. Alla base di questa convinzione è che a me il tempo in ¾ annoia. Vado spesso ai concerti di Cristina Donà e spesso mi accordo che sebbene la cura negli arrangiamenti e il talento non le manchino, in un suo disco o in un suo concerto ci sono troppi pezzi in ¾. Nel disco avevo già incluso La Coinquilina in ¾ …non volevo aggiungere un altro pezzo anche se diversissimo. Lo so è da psicopatico ma è così. Non voglio fare dischi da cantautore “classico”.

Ad ogni modo lo sketch originale mi piaceva perché mi ricordava un po’ il trip hop anni 90. Mi ricordava la Bjork di Post piuttosto che i Portishead, gli Smoke City o Emiliana Torrini.

Ci ho messo su una specie di Synth-clavicembalo, degli archi e dei trilli fiabeschi. Volevo creare un minuto di musica visionaria, che potesse destare Disneyanamente l’attenzione dei miei nipotini!!!

La loro attenzione invece è stato molto più catturato sin dai primi dai pezzi cantati, ma era anche prevedibile. Il numero esiguo di tracce mi sembrava non potesse essere realtà, dopo che avevo lavorato agli altri pezzi zeppi di tracce. Talvolta in questi casi mi viene da pensare che dovrei essere più minimale.

Comunque visto il n. esiguo di tracce, ho aggiunto una chitarra acustica, trovando al volo gli arrangiamenti. Devo dire che ho trovato soddisfazione quando con la stessa diteggiatura di un accordo di settima, ho “coperto” vari accordi semplicemente spostando la mano lungo la tastiera.
Sono piccole beatitudini.

Il finale cacofonico poteva essere reso meglio. Ho concesso ad ogni traccia di concludersi in modo completamente randomico, come se un orchestrina accordasse gli strumenti prima di una overture.

mercoledì 9 novembre 2011

Prelavaggio

Prelavaggio.mp3

E’ sicuramente il pezzo demenziale del disco e l’ultimo ad essere stato aggiunto. Nel precedente disco avevo ironizzato sulla Tv con “Materiale Porno”. Stavolta invece ho cercato di prendere in giro il consumismo e la pubblicità.
E’ una sorta di premessa al brano Scelta di Shampoo ma lo è solo nel tema trattato. Musicalmente è assai differente. E’ un funk volutamente artificiale. Mi sono ispirato liberamente a “Battlestar Scralatchica” degli Incubus. Ho aggiunto diverse tracce di Synth non programmate ma suonate live in registrazione.
L’interpretazione vocale un po’ sofferta vorrebbe essere a metà strada tra un Frankie Hi Energy, quando alla rima preferisce l’assonanza, e un Pierpaolo Capovilla de “Il Teatro degli Orrori”.
Di positivo c’è la condizione quotidiana del commerciale full profit di cui conosco il frasario, i toni, la teatrale convinzione, la finta benevolenza verso il consumatore nel mirino. Di negativo appunto il fatto di non aver mai imparato recitazione.
Per l’intro e l’outro ho invece ricevuto suggerimenti da amici. Al Pacino/Amendola e Littizzetto mi sono sembrati all’altezza della situazione. Scarface in realtà è pieno di frasi adatte, ma quella scelta mi sembra quella con più ritmo.
Il testo si lega a Scelta di Shampoo senza soluzione di continuità. Quando un oggetto o un servizio si propone di soddisfare una nostra necessità, spuntano fuori spesso altre piccole necessità che non vengono spontaneamente da noi, ma ci vengono ricamate intorno. Hanno la nostra misura, i nostri colori preferiti ed i nostri dati anagrafici. In questo testo nello specifico si parla di aspetto fisico. L’attenzione per la bellezza, un tempo prerogativa delle donne, oggi è anche degli uomini. E’ per questo che l’imbonitore si rivolge ad un generico “Caro”. Forse avevo in testa l’immagine di Homer e Abe Simpson che vendono un tonico per le prestazioni sessuali maschili…

giovedì 3 novembre 2011

Scelta di Shampoo

Scelta di Shampoo.mp3 di Xenos

L'idea del pezzo nasce da una passeggiata nel Louvre nell'estate del 2009. Il Louvre è interessante e dispersivo e la mia mente, non volendo impegnarsi nel comprendere nozioni relative a particolari opere d'arte nella vastità dello spazio espositivo e nella confusione della folla turistica di agosto, ha pensato bene di vagare pensando ad una linea di basso ipnotica e serrata e ad una traccia di voce che gioca sulle possibili armonizzazioni di un solo accordo.
Il testo invece mi è venuto in mente quando chiesi a mia madre uno shampoo per lavarmi i capelli.
Fra gli scaffali del bagno mi accorsi di vari tipi di shampoo, cosa che si può osservare ovviamente anche in un supermercato. La mia attenzione fu catturata dalle etichette dei vari flaconi. Ognuna di esse conteneva un accezione negativa circa il ns. aspetto o la nostra salute.
I nostri capelli sono secchi o unti, deboli o privi di vita. Come se io, che ho solo bisogno di lavarmi i capelli, dovessi avere improvvisamente anche il bisogno di liberarmi dal male che il mio fisico si porta dietro. Non conta che sia il bagno di mia madre o lo scaffale di un supermarket. Non esiste un prodotto "per capelli e BBASTA"! Credo fermamente che il consumismo è fatto di circoli viziosi. Da una parte un prodotto può veramente soddisfare un nostro bisogno; dall'altra in alcune circostanze si verifica che il prodotto induce il ns. pensiero su di noi e orienta le ns. scelte. Viviamo in un mondo fatto di libertà apparenti. Fare una scelta d'acquisto può farci sentire fichissimi. Ora, cosa succede se scopriamo che la scelta non è stata proprio la nostra?
A livello vocale ho voluto mischiare un cantato ad un rap e ho aggiunto la punta di distorsione, ancora una volta per dare un tocco di acido. Il basso è mezzo Synth, mezzo vero. Dr Pouhlev è il fulcro armonico del pezzo. La chitarra elettrica infatti è l'unico strumento insieme alla voce che disegna l'armonia. Ciò avviene soprattutto nella 2a strofa, dove l'incrocio di 2 tracce di chitarra distinte mi fa pensare ai fraseggi dei primi Marlene Kuntz, quando cioè si sa che 2 chitarre suonano ma non si capisce chi fa cosa. Musicalmente il risultato è un midtempo che puzza di anni 90. C'è chi lo ha accostato ai Filter. Non male. Per me il risultato doveva essere God Lives Underwater, Dj Shadow o Soulwax, anche se la chitarra di Nik Pouhlev all'inizio fa molto "Shove It" dei Deftones.

lunedì 14 febbraio 2011

La Coinquilina

Il ritornello del pezzo è stato suggerito da un sms di una mia amica, che di domenica mattina mi faceva notare come possono cambiare i toni e le luci di una metropoli normalmente ipertesa e congestionata. Da qualche anno a questa parte passeggiare di sabato o domenica mattina dopo una notte esuberante mi piace. Roma ha un fascino particolare. Da piccolo invece odiavo profondamente la domenica. Era un grigio preludio di 24 ore all'inesorabile sveglia del lunedì mattina.
Il pezzo ha la voce narrante di un uomo che convive con altre persone, tra cui una ragazza molto più giovane di lui. Lei è incredibimente bella ma impossibile. Viziata ed egocentrica, grazie a quel suo stare al centro della scena, polverizza ogni rapporto. Una malata di sesso droga e vanità ma più in generale di troppi bisogni incontrollati e superficiali. Nel suo eccesso di velocità è incapace di riflettere su sè stessa, di superarsi e guardarsi da fuori. Ovviamente un amore è impossibile per lei. L'uomo che narra, giunge alla conclusione che non esiste storia con lei perchè infondo egli prova più pena e compassione che amore.
Ammetto di aver scritto una storiella un pò più strutturata del solito. Mi sono dilungato nella descrizione proprio perchè contiene varie immagini "concrete". Per la parte "musicale", si tratta di un 3/4 senza grandi variazioni a parte una batteria che nella strofa, con suoni electro, cerca di spezzare e ricomporre il tempo in modo reiterato. I cori iniziali furono registrati nel 2009, poi abbandonati. Lo scorso inverno, mentre attendevo la preparazione di una cenetta in casa (io apparecchiavo mentre 2 coinquiline spadroneggiavano davanti ai fornelli:)) mi è saltato in mente il resto, poi tradotto in un simbiotico rapporto tra piano e chitarra. L'assolo vocale alla Muse è stato scambiato da qualcuno per un assolo di chitarra. Ciò mi conforta, perchè vuol dire che è venuto bene. Accosto l'atmosfera del pezzo alla struggente Flowers And Silence dei compianti Sneaker Pimps, ma anche ad altre cose in bilico tra Emiliana Torrini, Radiohead e gli stessi Muse.

domenica 6 febbraio 2011

Estaatiqa

E' un pezzo molto autoreferenziale. E' la canzone che più parla del disco. Di come è concepito psicologicamente. Il titolo è una parola storpiata a mò di Grande Capo Estiqaatsi. La parola Estatica si riferisce ad uno stato di soddisfazione raggiunto esprimendo me stesso attraverso la musica.
Vuole essere uno momento di calma giunto attraverso la tensione, il conflitto. Il testo si sviluppa attraverso termini ed immagini molto astratte, preoccupandosi di esprimere più uno schema di autoanalisi che i suoi contenuti concreti. Anche qui il dropped d mi ha aiutato armonicamente anche se il seme del ritornello è stato inizialmente gettato da un giro di tastiera che avevo registrato all'inizio del 2009. Poi ci ho messo su un basso alla Stone Temple Pilots che gironzola su un accordo mentre chitarra e tastiera variano. Il basso delle strofe mi ricorda invece una versione ruvida di Airbus Reconstruction dei Portished. Le stoppate di chitarra distorta mi suonano come A320 dei Foo Fighters. Come accade per quasi tutti i miei pezzi la parte che precede il ritornello è l'ultima ad essere fissata. La polifonia vocale è un'idea nata con il microfono già acceso. Altre caratteristiche programmatiche sono l'inizio con una drum machine finta ed electro, cui poi si sovrappone una batteria più umana e almeno una traccia di voce distorta. La distorsione, oltre a proteggere vigliaccamente gli errori di intonazione, dà un senso di acidità che vuole essere una cifra stilistica del disco.

domenica 30 gennaio 2011

Se Al Potere

E' il primo pezzo che ho sottoposto alle orecchie delle persone vicine, nonchè il ritornello più cantabile di tutto il disco. Ciò crea un contrasto con il testo "diretto" che presenta. La melodia del ritornello mi è venuta in mente in un pomeriggio di primvera del 2010 mentre cercavo parcheggio col coltello fra i denti vicino piazza Re di Roma. Ci ho appiccicato sopra un testo provvisorio che fortunatamente è rimasto tale. L'intenzione iniziale infatti era di scivere un testo sulla doppiezza delle persone, sul fatto che l'apparenza del conoscere le persone spesso inganna. Così il ritornello era: "Se entro in fissa con qualcuno è qualcun altro in realtà..". Concorderete con me che era osceno e inibiva ogni ispirazione a dargli un seguito. Così ho scelto il testo cattivello. La disillusione si volta verso la politica e allo schifo che provo verso la classe politica in generale, nella convinzione che le nostre tasse alimentano bisogni e svaghi personali delle persone che votiamo. Il problema non è l'agire immorale di una persona, ma il seme che questa persona ha piantato. Una sorta di legittimazione di una serie di atteggiamenti che molta gente in Italia si sente ormai sicura di poter mettere in pratica nel quotidiano. La drum machine prende spunto nelle strofe da Please dei Nine inch nails, pezzo "minore" di una megaopera chiamata The Fragile. Uno stratagemma utilizzato per rendere più cantabile il ritornello è stato anticiparne la melodia nelle strofe "..ma la paura degli errori mi brucia dentro...". L'accordatura di basso e chitarra in "dropped d" (ossia con la corda pù bassa accordata in RE anzichè in MI) cerca di ridurre la banalità armonica del pezzo, sfruttando con facilità accordi di nona. Il bridge che introduce il ritornello è la parte più fantasiosa del pezzo. Ce ne sono 2 differenti tra loro ma con la stessa linea vocale, che dà un senso di compattezza, di pop-rock virginradiofonico (aiuto!). Il Fantozzi citato nell'intro vuole stemperare il dramma cantato nel pezzo. Volevo un clip ironico che ricordasse la Materiale Porno del mio disco precedente.