Il ritornello del pezzo è stato suggerito da un sms di una mia amica, che di domenica mattina mi faceva notare come possono cambiare i toni e le luci di una metropoli normalmente ipertesa e congestionata. Da qualche anno a questa parte passeggiare di sabato o domenica mattina dopo una notte esuberante mi piace. Roma ha un fascino particolare. Da piccolo invece odiavo profondamente la domenica. Era un grigio preludio di 24 ore all'inesorabile sveglia del lunedì mattina.
Il pezzo ha la voce narrante di un uomo che convive con altre persone, tra cui una ragazza molto più giovane di lui. Lei è incredibimente bella ma impossibile. Viziata ed egocentrica, grazie a quel suo stare al centro della scena, polverizza ogni rapporto. Una malata di sesso droga e vanità ma più in generale di troppi bisogni incontrollati e superficiali. Nel suo eccesso di velocità è incapace di riflettere su sè stessa, di superarsi e guardarsi da fuori. Ovviamente un amore è impossibile per lei. L'uomo che narra, giunge alla conclusione che non esiste storia con lei perchè infondo egli prova più pena e compassione che amore.
Ammetto di aver scritto una storiella un pò più strutturata del solito. Mi sono dilungato nella descrizione proprio perchè contiene varie immagini "concrete". Per la parte "musicale", si tratta di un 3/4 senza grandi variazioni a parte una batteria che nella strofa, con suoni electro, cerca di spezzare e ricomporre il tempo in modo reiterato. I cori iniziali furono registrati nel 2009, poi abbandonati. Lo scorso inverno, mentre attendevo la preparazione di una cenetta in casa (io apparecchiavo mentre 2 coinquiline spadroneggiavano davanti ai fornelli:)) mi è saltato in mente il resto, poi tradotto in un simbiotico rapporto tra piano e chitarra. L'assolo vocale alla Muse è stato scambiato da qualcuno per un assolo di chitarra. Ciò mi conforta, perchè vuol dire che è venuto bene. Accosto l'atmosfera del pezzo alla struggente Flowers And Silence dei compianti Sneaker Pimps, ma anche ad altre cose in bilico tra Emiliana Torrini, Radiohead e gli stessi Muse.
lunedì 14 febbraio 2011
domenica 6 febbraio 2011
Estaatiqa
E' un pezzo molto autoreferenziale. E' la canzone che più parla del disco. Di come è concepito psicologicamente. Il titolo è una parola storpiata a mò di Grande Capo Estiqaatsi. La parola Estatica si riferisce ad uno stato di soddisfazione raggiunto esprimendo me stesso attraverso la musica.
Vuole essere uno momento di calma giunto attraverso la tensione, il conflitto. Il testo si sviluppa attraverso termini ed immagini molto astratte, preoccupandosi di esprimere più uno schema di autoanalisi che i suoi contenuti concreti. Anche qui il dropped d mi ha aiutato armonicamente anche se il seme del ritornello è stato inizialmente gettato da un giro di tastiera che avevo registrato all'inizio del 2009. Poi ci ho messo su un basso alla Stone Temple Pilots che gironzola su un accordo mentre chitarra e tastiera variano. Il basso delle strofe mi ricorda invece una versione ruvida di Airbus Reconstruction dei Portished. Le stoppate di chitarra distorta mi suonano come A320 dei Foo Fighters. Come accade per quasi tutti i miei pezzi la parte che precede il ritornello è l'ultima ad essere fissata. La polifonia vocale è un'idea nata con il microfono già acceso. Altre caratteristiche programmatiche sono l'inizio con una drum machine finta ed electro, cui poi si sovrappone una batteria più umana e almeno una traccia di voce distorta. La distorsione, oltre a proteggere vigliaccamente gli errori di intonazione, dà un senso di acidità che vuole essere una cifra stilistica del disco.
Vuole essere uno momento di calma giunto attraverso la tensione, il conflitto. Il testo si sviluppa attraverso termini ed immagini molto astratte, preoccupandosi di esprimere più uno schema di autoanalisi che i suoi contenuti concreti. Anche qui il dropped d mi ha aiutato armonicamente anche se il seme del ritornello è stato inizialmente gettato da un giro di tastiera che avevo registrato all'inizio del 2009. Poi ci ho messo su un basso alla Stone Temple Pilots che gironzola su un accordo mentre chitarra e tastiera variano. Il basso delle strofe mi ricorda invece una versione ruvida di Airbus Reconstruction dei Portished. Le stoppate di chitarra distorta mi suonano come A320 dei Foo Fighters. Come accade per quasi tutti i miei pezzi la parte che precede il ritornello è l'ultima ad essere fissata. La polifonia vocale è un'idea nata con il microfono già acceso. Altre caratteristiche programmatiche sono l'inizio con una drum machine finta ed electro, cui poi si sovrappone una batteria più umana e almeno una traccia di voce distorta. La distorsione, oltre a proteggere vigliaccamente gli errori di intonazione, dà un senso di acidità che vuole essere una cifra stilistica del disco.
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